BASTA CON IL “MAQUILLAGE” NELL’ADVERTISING. PIU’ NORMALITA’ NEGLI SPOT!

Oggi siamo esposti più di sempre a messaggi pubblicitari che provengono da spot televisivi, cartelloni, banner, radio e stampa, con un numero di esposizioni quotidiane che può variare dai 3000 ai 10000 comunicati. Questo ci indurrebbe a ritenere di essere arrivati a una condizione di “overload” dell’informazione pubblicitaria, essendo il nostro cervello incapace di immagazzinare, codificare e soprattutto ricordare questa enorme mole di dati.

In realtà non è proprio così: ci siamo, da un lato, assuefatti alla pubblicità come fossero gli angoli della nostra casa o l’interno della nostra automobile o, ancora, il viso o la voce dei nostri amici e parenti; quindi tendiamo a ri-conoscerla quando occorre, perché è ormai parte del nostro quotidiano, e a utilizzarla nell’atto di acquisto, davanti allo scaffale del supermercato. Dall’altro lato siamo diventati molto bravi nel selezionare e apprezzare i comunicati pubblicitari più interessanti, quelli che raccontano belle storie e colpiscono meglio il nostro immaginario dimenticando, anzi addirittura non distinguendo, tutti gli altri.

Istinto di sopravvivenza!!??

Per raccontare con successo una storia efficace, i pubblicitari devono avere una conoscenza perfetta dei target di una campagna e più in generale di una comunicazione. E il messaggio diventa tanto più efficace quanto chi comunica sta dalla parte del consumatore, parla il suo stesso linguaggio, mostra abitudini autentiche e, più in generale, una quotidianità vissuta, non scollata dalla realtà e priva del maquillage creativo che rende tutto bello e….impossibile.

Ciò che emerge dalla recente ricerca di Global Survey di Nielsen, condotta su un campione di oltre 31.000 individui in 63 Paesi, tra cui l’Italia, è il desiderio di vedere comunicazioni commerciali più “inclusive”, meno patinate e fittizie, dove la normalità non sia nascosta o rappresentata come un ostacolo, ma sia evidente e raccontata.

E non solo. Dalla stessa ricerca emerge un dato straordinario: che il 38% degli italiani ritiene importante che i messaggi pubblicitari e il packaging dei prodotti mostrino famiglie moderne e deistituzionalizzate, non quelle “tradizionali” (genitori single, famiglie omo-genitoriali, coppie miste dal punto di vista etnico, etc).

Non sono solo gli orientamenti sessuali e le identità di genere a trovare il favore degli italiani davanti a uno spot o a una pagina pubblicitaria su un quotidiano. Secondo l’indagine la perfezione del “fotoritocco”, caratteristica delle campagne di qualche anno fa è decisamente sorpassata. Meglio lasciare spazio alla rappresentazione autentica della realtà.

Questa ricerca offre nuovi spunti per targettizzare meglio le campagne e raggiungere con maggiore efficacia i consumatori. L’attenzione alle differenze di genere rientra poi in un più ampio raggio d’azione, che mette al centro dell’advertising l’individuo, con le sue inesauribili esigenze.

La massimizzazione del ROI dell’advertising non può prescindere da questi aspetti.

 

NecroElogio della Creatività.

Leggendo un recente articolo di Andrea Zanoli, copywriter di chiara fama, mi sono reso conto di quanto effettivamente sia parecchio scoraggiante costatare che la creatività sta per essere completamente seppellita dall’improvvisazione, dai tecnicismi e dal “copia e incolla”.

Imprenditori che non sanno ancora bene cosa voglia dire fare pubblicità, direttori marketing che pensano di essere direttori creativi, assistenti di marketing che si sentono nuovi art-director e segretarie pseudo copy-writer d’agenzia, impazzano in questo nuovo mondo, in cui tutti credono di poter dire o fare la cosa giusta, scambiando le proprie scelte autarchiche per formule vincenti.

“Nulla di memorabile è mai uscito da una formula”, diceva il grande Bill Bernbach. Affermare e rendere efficaci idee e capacità creative in uno dei mestieri più complessi del mondo, quello della pubblicità, e molto meno facile di quanto si creda.

Per chi, come me, ci vive da trent’anni di questo mestiere, è come per un esperto meccanico sentirsi dire, dall’uomo cui si è rotto il motore, qual è il verso giusto per avvitare il coperchio delle valvole.

A ognuno il suo mestiere, verrebbe da dire semplicisticamente.

Non tutti possono dipingere. Se tutti diventassimo pittori, il mondo sarebbe sicuramente più brutto. E non tutti possono essere scrittori: rischieremmo di dover leggere ripetutamente solo il nostro libro, dopo averlo scritto, per le ovvietà, gli errori e le insulsaggini contenute nei libri degli altri.

La creatività è quasi sotterrata del tutto, quindi? Chiudiamo le agenzie e apriamo salumerie o rivendite di telefonini?

Forse non è ancora troppo tardi.

Quando i clienti impareranno a richiedere creatività alla loro agenzia e considereranno il rapporto con essa come una coalizione solidale per lo sviluppo del proprio business, il rafforzamento del brand e la fidelizzazione dei clienti, allora proveremo al mondo che il buon gusto, l’arte e la buona comunicazione potranno dar vita a un buon modo di vendere.

E se a raccontare storie sarà chi le sa scrivere, se si parlerà al cuore invece che alla mente del consumatore, e quando l’amore diventerà la vera forza trainante del mercato, allora proveremo anche che il mondo potrà essere un luogo migliore di quello che è.

IL MERCATO PUBBLICITARIO IN ITALIA NEL 2016

Il mercato degli investimenti pubblicitari chiude il 2016 in crescita dell’1,7% rispetto al 2015. Nel singolo mese di dicembre la raccolta cresce dell’1,2%. Se si aggiungesse anche la stima sulla porzione di web attualmente non monitorata (principalmente search e social), il mercato chiuderebbe il mese di dicembre a +3% e il periodo consolidato in crescita del +3,6%. Si era molto parlato di una crescita intorno al 3%, grazie anche a un autunno che, nonostante le incertezze provenienti da più ambienti, si è dimostrato in linea con le crescite dei mesi precedenti. Il terzo trimestre consecutivo di crescita dà segnali di consolidamento e di stabilità per il futuro.

Le percentuali variano molto a seconda dei singoli mezzi: la TV cresce del 4% a dicembre, chiudendo l’anno a +5,4%. La stampa resta sempre negativa: quotidiani e periodici nel singolo mese si attestano rispettivamente a -8,4% e -9,3%, calando del 6,7% e del 4% nel 2016. La radio, invece, conferma l’andamento positivo: la crescita di dicembre (+15%) porta la raccolta complessiva dell’anno a +2,3%.

L’incremento di internet (+8%), secondo le stime realizzate da Nielsen, è dovuto principalmente a search e social. Relativamente al perimetro attualmente monitorato in dettaglio, infatti, il web cala del 2,3% in totale e dell’1,2% nel singolo mese di dicembre. Allargando il perimetro all’intero universo dell’online advertising, la raccolta del 2016 chiude a +8%.

La performance del cinema è a dicembre e nei 12 mesi (+6,9%). Il transit torna in positivo a dicembre, ma rimane negativo il periodo cumulato (-2,6%). L’ottimo andamento della GoTv a dicembre porta a +3,4% il confronto con il 2015. L’outdoor chiude l’anno a -4,3%.

Guardando all’andamento complessivo dell’anno, si nota che la crescita è stata trainata da un maggior investimento medio su tutti i mezzi, da parte di un numero minore di aziende rispetto al 2015. Dopo tre anni in “rosso”, tornano in positivo alcuni settori fondamentali per il mercato, come l’automotive e la telefonia, che storicamente sono stati motore di crescita nel periodo d’oro della pubblicità. Dall’altro lato si assiste a una frenata da parte della finanza, motivata dal momento non florido del comparto bancario.

Per quanto riguarda i settori merceologici nel dettaglio, solo 6 arrivano a fine 2016 con un segno negativo.

Per i primi comparti del mercato, si registrano andamenti differenti nei 12 mesi: crescono le telecomunicazioni (+4,8%), la distribuzione (+11,2%) e i farmaceutici/sanitari (+7,7%), ai quali si contrappongono i cali della finanza (-14%) e dell’abbigliamento (-5,9%). Tra gli altri che contribuiscono alla crescita, si segnalano le buone performance del mercato delle automobili (+5,9%), industria/edilizia (+38,4%), tempo libero (+16,9%) e abitazione (+6,3%)

Il 2017 inizia quindi con una buona spinta complessiva. Anche se privo di grandi eventi mediatici, l’anno beneficerà di un 2016 che ha visto il consolidamento degli investimenti da parte di aziende abituate a comunicare e che continueranno a farlo. Probabilmente saranno sacrificati i piccoli budget, ma in periodi di incertezza questa è una dinamica di mercato preferibile per una industry che sta affrontando un grande cambiamento in termini di innovazione tecnologica e organizzativa.

TRUST IN ADVERTISING: MEZZI DI COMUNICAZIONE E INTRATTENIMENTO.

In un contesto socio-economico instabile e altamente competitivo, le aziende sono chiamate a sviluppare strategie di comunicazione dove l’efficienza nel raggiungere i target deve convivere con la possibilità di veicolare messaggi credibili che catturino l’attenzione dei consumatori, influenzandone positivamente l’atteggiamento nei confronti dei prodotti/servizi.
Come dimostra la terza edizione dell’indagine “Trust in advertising” di Nielsen, il canale su cui viene veicolato il contenuto svolge un ruolo importante nel processo di creazione della fiducia. In quanto dotati di caratteristiche proprie e legati all’esperienza concreta del pubblico che li utilizza, i mezzi stessi sono portatori di una credibilità percepita più o meno elevata.
In un panorama mediale sempre più frammentato, la scelta di quali touch point attivare risulta quindi determinante non solo nel calcolo della reach and frequency ma anche nel favorire la crescita dei KPI di brand, poiché agiscono come catalizzatori/inibitori dei valori veicolati dal contenuto creativo.
A livello europeo, il passaparola continua ad essere lo strumento promozionale più credibile. Il 78% e il 60% degli intervistati considera rispettivamente i consigli di conoscenti diretti e i commenti online come molto o abbastanza attendibili. Il dato – in leggera flessione rispetto a quanto rilevato da Nielsen nel 2013 – conferma l’importanza di progettare una customer experience che non deluda le attese dei propri consumatori durante il processo di acquisto e nel post vendita, al fine di innescare dinamiche di word-of-mouth positive e limitare al minimo le occasioni di quelle negative.
I siti internet delle aziende sono considerati degni di fiducia dal 54% degli intervistati (in linea con quanto rilevato due anni fa). Si tratta della forma di comunicazione “ufficiale” delle aziende considerata più credibile. Una quota di intervistati di poco inferiore (52%, in flessione di 3 p.p. rispetto al 2013) si affida a contenuti editoriali pubblicati su quotidiani e periodici. In questo caso pesa l’autorevolezza che le testate hanno saputo costruire nel tempo.
Molto distante dalla carta stampata è la televisione, che continua tuttavia a mantenere una forte centralità nell’ecosistema della fiducia. Il 45% considera gli spot veicolati dal piccolo schermo come credibili. Il dato sitentizza, in questo caso, il valore attribuito a un’offerta estremamente variegata che si ripartisce tra canali free/pay e generalisti/tematici.
Immediatamente dopo la televisione, con valori compresi tra il 41% e il 44%, si collocano gli altri mezzi classici (che godono della credibilità conquistata negli anni dai player che li presidiano) e le sponsorizzazioni.
Chiude la classifica dei primi dieci mezzi l’e-mail marketing (41%). Anche in questo caso il valore numerico è una sintesi di pratiche differenti. Tendenzialmente l’invio di messaggi su liste proprietarie altamente profilate, che presuppongono una relazione già avviata con il brand, registrerà percentuali di consenso più elevate.
In Italia, le prime cinque posizioni della classifica sono occupate dagli stessi media che abbiamo incontrato a livello europeo. Vi sono tuttavia alcune interessanti differenze. In primo luogo la fiducia nei confronti dei consigli dei conoscenti diretti è più limitata (74%), mentre risulta più elevata quella verso i commenti online (64%). I contenuti editoriali si posizionano al terzo posto, con una percentuale simile a quella europea. La credibilità dei siti delle aziende è infatti 9 punti percentuali più bassa e si colloca allo stesso livello della televisione (45%). Per contro, l’importanza del piccolo schermo in Italia è rafforzata dal fatto che entro le prime dieci posizioni compare il riferimento a prodotti promossi all’interno di programmi televisivi (41% vs. 34% a livello europeo), fenomeno in parte spiegabile grazie all’affetto per alcuni volti dello star system nazionale.

LO SPOT PIU’ EFFICACE? SEMPLICE, FLUIDO E CROSSMEDIALE.

Scenario semplice, narrazione fluida e storia divertente. Se a queste caratteristiche si aggiungono una buona dose di suspence e una strategica integrazione del prodotto nel racconto, ecco che lo spot può dirsi memorabile: il 68% degli italiani ricorda perfettamente brand e contenuto di un messaggio pubblicitario con queste caratteristiche.
Lo ha rivelato Nielsen presentando gli ultimi dati di Nielsen TV Brand Effect, l’innovativa soluzione per misurare l’efficacia delle campagne pubblicitarie televisive, nel corso dell’evento Ricordati di me! Comunicare nell’era della media fragmentation, organizzato il 29 ottobre da Nielsen al Magna Pars di Milano. I lavori si sono focalizzati sull’analisi degli approcci e degli strumenti innovativi studiati da Nielsen per risolvere la complessità di uno scenario in continua evoluzione e comunicare in maniera strategica, identificando il giusto mix tra tecnologia e contenuti per raggiungere il target desiderato.
In uno scenario televisivo affollato in cui ogni persona è potenzialmente esposta a oltre di 100 messaggi pubblicitari al giorno e nel quale 14 milioni di italiani guardano il piccolo schermo utilizzando uno smartphone o un tablet, il 30% degli spot risulta efficace in termini di capacità di essere ricordato e associato correttamente al brand. Nielsen aiuta gli inserzionisti a ottimizzare le strategie di comunicazione sul mezzo che ancora oggi, seppur in continua evoluzione, copre la fetta più ampia della torta pubblicitaria (46%).
La TV non si scorda mai: lo dimostrano i 42,4 milioni di audience giornaliera e le oltre 5 ore di consumo quotidiano, senza dimenticare le incidenze del mezzo sull’utilizzo dei social. Le 2000 aziende investitrici non se ne dimenticano e premiano questo amore. La sfida per le aziende è quindi quella di avere un impatto importante sui consumatori che superi l’ostacolo dell’affollamento e ottenere la massima efficacia dagli investimenti, raggiungendo le audience in target, ottenendo elevati livelli di resonance e quindi di reaction, ovvero di impatto sulle vendite.
Ecco perché per le aziende è fondamentale conoscere gli ingredienti che rendono vincente uno spot. La percentuale di chi si ricorda un messaggio pubblicitario scende, infatti, al 5% nel caso in cui lo stesso messaggio sia caratterizzato da tante informazioni, da una scarsa differenziazione e da un montaggio rapido. Ma uno spot non deve essere particolarmente originale o complesso per fare breccia nel telespettatore: secondo gli ultimi risultati di TV Brand Effect, il 49% degli italiani ricorda correttamente il contenuto di uno spot e lo associa correttamente alla marca in caso di creatività con pochi personaggi, una narrazione fluida, un contesto familiare e la presenza del prodotto all’interno del film, con una ripetizione frequente della marca.
Realizzare uno spot efficace in un contesto competitivo caratterizzato da un elevato affollamento pubblicitario è sempre più sfidante. Per questo Nielsen offre alle aziende uno strumento in grado di fornire le migliori indicazioni per raggiungere il consumatore ed emergere in questo scenario. Nielsen è in grado di determinare quanto uno spot riesca a rimanere impresso nella memoria, analizzando il comportamento delle persone che vi sono state effettivamente esposte per dare agli inserzionisti un quadro puntuale delle condizioni per poter massimizzare i risultati della propria presenza televisiva.

E’ LA RADIO IL MEDIA PIU’ SOCIAL

Il 24 e il 25 settembre scorso si sono svolti alla Social Media Week di Roma due talk show che hanno coinvolto cinque radio nazionali commerciali e più di 150 partecipanti sul tema della nuova comunicazione radiofonica integrata grazie alle nuove tecnologie web e mobile. Organizzati dal Social Radio Lab – laboratorio-community on line di professionisti radiofonici e comunicatori web e mobile dedicato all’informazione, ricerca e condivisione sull’evoluzione della comunicazione radiofonica – i due eventi hanno confermato che, nonostante si parli tanto di “social tv”, è la radio ad essere veramente social. La quasi totalità delle 22 radio monitorate dal Social Radio Lab non solo propone siti internet con contenuti e numeri da grandi portali e app sempre più articolate, ma ha profili ufficiali su Facebook e Twitter che utilizza quotidianamente per aggregare, fidelizzare e coinvolgere la propria community di ascoltatori. Le radio hanno il vantaggio di poter contare su milioni di affezionati, ben contenti di arricchire la loro esperienza anche online. Radio Italia solomusicaitaliana, che domina su Facebook davanti a Radio Deejay e RTL 102.5, ha raccolto finora 2 milioni e 200mila fan. Radio Deejay invece su Twitter guarda tutti dall’alto del suo quasi milione e mezzo di follower, precedendo Radio 105 e RDS. Elevato anche il tasso di engagement: secondo Blogmeter, ad esempio, nel corso del 2013 la pagina de Lo Zoo di 105 ha generato più di 10 milioni di interazioni. YouTube, utilizzato dal 77% delle emittenti, vede prevalere Radio Globo con 26 milioni di visualizzazioni del canale principalmente grazie a video virali come Pulcino Pio. Negli ultimi mesi sale al 59% l’utilizzo di Instagram dove prosegue il testa a testa tra due brand del Gruppo Finelco: Radio Monte Carlo 2 (12.600 follower) e Radio 105 (12.400); o di Spotify, dove Radio 105, RMC e Virgin Radio vantano una media di 26.000 follower. Per il sottoscritto, che conosce molto bene il mondo radiofonico, il segreto rimane sempre quello di puntare su contenuti originali e presidiare tutte le piattaforme utili a mantenere costante e ricco di modalità il feeling con gli ascoltatori, senza dimenticare l’importanza degli eventi e del contatto diretto con loro. D’altra parte è da quasi quarant’anni, da quando è nata la radio libera, che la radio vince nella relazione con il proprio pubblico, dalle richieste di dediche al telefono degli anni 70, alla partecipazione in diretta degli ascoltatori, fino all’interazione con internet, ben prima di tutti gli altri media classici.