Oltre 5 milioni di italiani ogni mese commentano la tv sui social.

I dati del primo semestre 2017 raccontano un fenomeno che per diffusione tra il pubblico e rilevanza per gli operatori sta raggiungendo in Italia gli standard di Paesi più avanzati nel campo della media industry, USA in testa.

5,4 Milioni di utenti attivi ogni mese, senza considerare tutti quelli che sono stati semplicemente esposti a commenti e tweet relativi ai programmi televisivi, 124 milioni di messaggi tracciati nel corso del semestre. Conversazioni che nel 41% dei casi avvengono nei giorni precedenti o successivi rispetto alla messa in onda dei principali programmi. Questi i macronumeri tracciati da Nielsen Social Content RatingsTM relativamente alla Social TV in Italia nella prima metà del 2017.

Un pubblico particolarmente interessante dal punto di vista pubblicitario, con una leggera predominanza di uomini (51%) e di spettatori tra i 25 e i 34 anni (25%) ma con forti scostamenti demografici in base al genere televisivo di cui si discute.

Gli eventi sportivi live hanno prodotto il 40% dei messaggi, mentre tra gli altri generi i volumi più rilevanti sono stati generati da eventi musicali, talent e reality show. In forte crescita rispetto alla precedente stagione televisiva il volume delle conversazioni relative alle serie televisive e ai talk show. Molto nette le differenze in termini di peso per genere televisivo tra Facebook e Twitter, l’ingresso in rilevazione di Instagram fornirà ulteriori chiavi di lettura per definire le attività Social a supporto delle properties televisive.

 

 

L’industria cosmetica ‘sorpassa’ quella del vino.

L’industria cosmetica batte quella del vino, ma anche quella delle scarpe. Tra addetti e indotto occupa 220 mila persone, 200 mila erano le persone occupate dalla vecchia Fiat per intenderci, ma soprattutto vanta un fatturato superiore a occhiali (3,7 miliardi di euro), superiore al vino (che secondo l’ ISTAT si attesta sui 12,9 miliardi di euro), superiore a scarpe (7,5 miliardi di euro), con una filiera che è di 15 miliardi di euro circa, di cui 10 miliardi e mezzo diretti, che rappresentano cioè il sistema cosmetico italiano.

Un giro d’affari di tutto rispetto. Ma gli addetti ai lavori pensano di non godere delle dovute attenzioni del Governo. A cominciare da Luigi Bergamaschi (amministratore delegato Erbolario): “abbiamo bisogno di un sostegno soprattutto sui  mercati internazionali. Giustamente la regolamentazione in Italia è rigida, ma non accade cosi all’estero dove si producono e importano prodotti non con le garanzie di quelli italiani; e così ci fanno concorrenza.

Per Roberto Pirola (produttore di candele  Cereria  Lumen) “facciamo un prodotto competitivo, interamente prodotto in italia. Basterebbe che la politica riducesse la burocrazia e snellisse le procedure.“ Secondo Marco Bianco (sales manager di Equilibria): ”se già le istituzioni non mettessero i bastoni fra le ruote sarebbe un passo avanti. Rispetto alla ricchezza che produciamo, non possiamo contare su una considerazione adeguata.”

Per Benoi Doithier (Amministratore Delegato Antica Erboristeria): “siamo stati anticipatori con la nostra catena di cosmetica naturale. Applicando la  certificazione cosiddetta  ‘B corp’, abbiamo declinato i  valori di un buon prodotto con anche la salvaguardia di principi etici e della responsabilità sociale.”  Secondo Luciano Favero (Amministraore Delegato Sisma SpA): “Penso che si debba puntare sulla certificazione. La Germania ci ha insegnato che con standard di qualità superiori si può competere. Va limitata la circolazione di prodotti inadeguati.”

Aggiunge Luca Spurio (export manager di FARMAVITA): “ l’ICE non è all’altezza; la PMI non è rappresentata adeguatamente; per un’azienda come la nostra che esporta al 90% la cosa incide.” Mentre Massimiliano Maccarone (Marketing Manager Medavita) aggiunge che “l’Italia ha una buona reputazione nel settore del made in Italy cosmetico.”

Osserva Alessandro Rosso (Responsabile Marketing Lisap laboratori Cosmetici) “troppe spese a carico di chi esporta, la documentazione per i ministeri, incartamenti, burocrazia. Già un aiuto in quel senso sarebbe prezioso.”  Ultima ma non ultima, l’imprenditrice Maria Parnazzini (presidente di Nuova Fapam) secondo la quale all’interno della cosmesi “il colore italiano è apprezzato in tutto il mondo. Addirittura una donna su 4 nel mondo applica un colore italiano.

LE OTTO PRINCIPALI TENDENZE 2017

Quelle che influenzeranno il design di prodotti e servizi alla luce dell’innovazione tecnologica e dell’evoluzione nei comportamenti di consumo. 

 

1.Ephemeral Stories: Siamo tutti storyteller, nessuno è storyteller.

La creazione del contenuto passa dallo storytelling allo storydoing – condividere delle storie attraverso le esperienze che un brand rende possibili. La democratizzazione nella produzione di contenuti e l’affermazione della componente visiva su quella testuale hanno scardinato le modalità tradizionali di circolazione degli stessi. Per le aziende significa fare un passo indietro e lasciare spazio alla narrazione personale dei propri consumatori. Il nuovo linguaggio sono le live stories e i contenuti semplici, spontanei, personali trasmessi, la social experience. E’ il filter paradox, contenuti sempre meno filtrati nel senso tradizionale del termine, ricchi al contrario dei filtri tipici alla Snapchat.

2.Hourglass Brands: Non esistono le mezze misure.

In tutti i settori, il posizionamento dei brand risulta polarizzato, da una parte grandi piattaforme digitali, tra i brand più amati, abili nell’estendersi oltre il loro core business, offrire servizi molto differenziati, dall’altra parte brand specializzati con un obiettivo chiaro e definito. Queste realtà stanno scardinando lo scenario per tutte le altre, spingendole a ridefinire il loro posizionamento, trovare uno scopo preciso o aprirsi ai valori universali del digitale: efficienza, usabilità, accessibilità e semplicità.

 

3.Me, Myself and AI: Umanizzare i chatbot.

L’Artificial Intelligence (AI) procede a grandi passi, il prossimo è aggiungere intelligenza emotiva alle macchine. Nel prossimo futuro lo sviluppo di prodotti e servizi passerà da qui. I servizi digitali creati per l’interazione con le persone, come i sistemi conversational basati su AI, richiedono una collaborazione tra uomo e macchina, sia in fase di progettazione delle logiche di interazione, che, in modo selettivo, durante l’erogazione di un servizio. Questa simbiosi tra intelligenza artificiale e umana è fondamentale per creare esperienze in cui la capacità di comprensione ed analisi si fonde con elementi emozionali.

 

4.Blurred Reality: Andare oltre la realtà aumentata per tornare nella realtà.

Mentre la Mixed Reality (MR) diventa mainstream, le aziende dovranno adottare le combinazioni di tutti i tipi di realtà, fisica e virtuale per la creazione di esperienze significative per i propri clienti. Nel 2017 sempre più applicazioni di MR si affermeranno permettendo ai brand di creare esperienze omnicanale.

 

5.Homes without Boundaries: Per una casa che ti ascolta

Una smart home senza confini, con servizi costruiti per e attorno alle persone, anziché alla tecnologia e gli oggetti. Le aziende devono sviluppare strategie che guardino oltre il singolo device per focalizzarsi sulle esperienze in grado di rispondere a bisogni quotidiani delle persone ovunque esse si trovino. La attività domestiche diventano portatili, ovvero la casa diventa flessibile nel rispondere alle esigenze.

 

6.Shiny API People: Riorganizzarsi per innovare

La tecnologia digitale ha cambiato il modo in cui prodotti e servizi vengono ideati, realizzati, distribuiti e consumati. Per le aziende questo significa imparare ad adattarsi al cambiamento, abbattere i silos e creare un terreno fertile per l’innovazione a tutti i livelli dell’organizzazione, acquisendo le design skill necessarie.

 

7.World on Wheels: Chi va piano va sano e va lontano

Con i veicoli a guida autonoma ad un passo dall’entrare nella nostra quotidianità, le aziende devono porre l’attenzione sull’automobile come ambiente mobile connesso in cui le cose accadono attraverso l’uso di vari dispositivi. Così come accade per la smart home, anche l’auto diventa un nodo all’interno di un ecosistema digitale.

 

8.Unintended Consequences: Il cannibalismo della customer centricity

Le organizzazioni dovrebbero iniziare a progettare le esperienze per proteggersi dalle conseguenze non intenzionali delle loro attività. Nel prossimo anno istanze etiche legate alle conseguenze inattese delle tecnologie digitali diverranno sempre più rilevanti e entreranno necessariamente nell’agenda di istituzioni e aziende.

Il mondo della GDO ha nuovi orizzonti.

 

L’indice di fiducia degli italiani nel secondo trimestre 2016 si mantiene al di sopra del livello di guardia rispetto ai valori che si registravano nel periodo della recessione, attestandosi a quota 55, in crescita di 2 punti rispetto allo stesso periodo del 2015.  Sono in diminuzione quanti ricorrono al risparmio dopo le spese essenziali, facendo intravedere una maggiore propensione al consumo di quanto si registrava un anno fa. Nello stesso tempo si osserva un rallentamento significativo del comparto FMCG, che attenua il ritmo di crescita sviluppato a fine anno.

Dal punto di vista del Paese, si rileva un trend di crescita moderata con una correzione al ribasso del Pil a fine anno (+0,6% acquisito). Rispetto al 2006 le famiglie povere sono raddoppiate (+793.000). Sul fronte lavoro, contestualmente, a metà 2016 le persone occupate sono aumentate di 770mila unità dal picco negativo minimo del 2013.

All’interno di uno scenario così tratteggiato, ci si impone di chiederci quali prospettive si aprono per il mondo dei retailer e della grande distribuzione da una parte e per quello della comunicazione dall’altra. A fronte di un comportamento dei consumatori sempre più dinamico, che prevede esigenze di un’offerta personalizzata e di fare percorsi esperienziali di valore piuttosto che il semplice acquisto di un prodotto, la sfida che ci si trova ad affrontare è quella dell’innovazione e dell’incremento della ricerca per proporre prodotti non ancora disponibili sugli scaffali. Chi innova, infatti, ha l’opportunità di conquistare nuove quote di mercato sottraendole a quanti restano fermi. La singola insegna può così creare il proprio mercato. Agendo sull’innovazione si possono intercettare nuovi spazi di domanda.

Nello stesso tempo, si rende necessario fare un lavoro sempre più affinato di targetizzazione dell’offerta. Il prodotto non può più rispondere alla mera logica dei volumi, ma, al contrario, deve essere una risposta ai requisiti richiesti dal singolo consumatore. Vale qui la pena ricordare che quest’ultimo è disposto a spendere di più a fronte di prodotti nuovi che incontrino le proprie esigenze, così come sta avvenendo nel comparto BIO.

L’ambiente economico chiama anche il mondo della comunicazione a sperimentare nuove vie e format avanzati, in presenza di un consumatore sempre più connesso e in costante fase di cambiamento dei propri comportamenti.

Tutto ciò ci fa dire che siamo immersi non tanto in un’epoca di cambiamenti quanto in un radicale cambiamento d’epoca.

MA INNOVAZIONE VUOL DIRE DAVVERO SUCCESSO?

Esistono diversi modi per descrivere cosa vuol dire innovazione ma non tutte le definizioni sono adatte a chi lancia nuovi prodotti. Di sicuro sappiamo che i consumatori hanno sempre voglia di scoprire novità, si trovano continuamente di fronte allo scaffale e selezionano alcuni di questi nuovi prodotti. Quando scoprono un brand o un prodotto che soddisfa ripetutamente le loro esigenze questo entra a far parte della loro routine quotidiana.

Per identificare le innovazioni di maggiore portata  Nielsen US ha raccolto informazioni su più di 17.000 prodotti lanciati negli ultimi 3 anni: Nielsen ha utilizzato tre criteri per isolare la vera innovazione, selezionando i prodotti distintivirilevanti e in grado di rimanere sul mercato (Distinctiveness, Relevance, Endurance). Tra questi prodotti, 14 sono stati selezionati come i vincitori del Nielsen Breakthrough Innovation Report US 2014 ed è stata svolta un’attenta indagine per capire le ragioni del successo. Il risultato del report è la conferma che i brand e le innovazioni di successo rispondono a spunti demand-driven provenienti dai comportamenti e dai bisogni dei consumatori.

Da uno sguardo superficiale può sembrare che alcuni dei 14 prodotti vincenti non siano molto innovativi. Ad esempio si potrebbe sostenere che i biscotti BelVita per la colazione dell’azienda Nabisco siano “solo un altro biscotto”, che il caffè freddo pronto International Delight Iced Coffee di WhiteWave sia “caffè freddo aromatizzato in bric”, o che la Nature Valley Protein Bar sia “una barretta con più noccioline”. Ma descrivere questi prodotti come poco originali sarebbe un errore: questo perchè i team di marketing che si sono presi cura del lancio di questi prodotti hanno guardato oltre il solo prodotto per sviscerare il contesto emozionale e sociale, oltre ai bisogni dei consumatori, per capire quale spazio nella vita dei consumatori il prodotto potesse ancora colmare. Comprendere le circostanze che portano i consumatori a scegliere i prodotti ha permesso ai brand di introdurre nuovi prodotti in aggiunta alla linea attuale e fare innovazione. E milioni di consumatori hanno risposto acquistando, confermando così i benefici che questi nuovi prodotti hanno introdotto nelle loro vite.

I 14 prodotti vincenti di quest’anno sono stati selezionati tra più di 3.400 prodotti lanciati nell’anno 2012 negli Stati Uniti. Di tutti i prodotti lanciati nel 2012, solamente 71 hanno venduto cifre superiori ai 50 milioni di dollari e si collocano tra il 3% dei lanci che hanno generato maggiori ricavi, dimostrando la portata di questi prodotti.

È naturale che il successo non possa mai essere certo ma i marketers possono cambiare le sorti di un prodotto adottando idee, strategie e leadership chiare e condivise per rispondere in modo coerente ai bisogni dei consumatori. Quando questo accade, lanciare un’innovazione risulta molto più simile a una ricetta piuttosto che a un colpo di fortuna.